Sentenza n. 202 del 2023

SENTENZA N. 202

ANNO 2023

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Augusto Antonio BARBERA

Giudici : Franco MODUGNO, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 669-quaterdecies e 695 del codice di procedura civile promosso dal Tribunale ordinario di Roma, sezione tredicesima civile, nel procedimento vertente tra E. D. e Metlife Europe D.A.C. e Rappresentanza Generale per l’Italia, con ordinanza dell’11 gennaio 2023, iscritta al n. 25 del registro ordinanze 2023 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 11, prima serie speciale, dell’anno 2023.

Visti l’atto di costituzione di E. D., nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 24 ottobre 2023 il Giudice relatore Giovanni Amoroso;

uditi l’avvocato Vittorio Fasce per E. D. e l’avvocato dello Stato Giustina Noviello per il Presidente del Consiglio dei ministri;

deliberato nella camera di consiglio del 24 ottobre 2023.

Ritenuto in fatto

1.– Con ordinanza in data 14 dicembre 2022, iscritta nel relativo registro al n. 25 dell’anno 2023, il Tribunale ordinario di Roma, sezione tredicesima civile, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale degli artt. 669-quaterdecies e 695 del codice di procedura civile, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, nella parte in cui non prevedono la reclamabilità del provvedimento di diniego dell’istanza di nomina del consulente tecnico preventivo ai fini della composizione della lite ai sensi dell’art. 696-bis cod. proc. civ.

Il Tribunale rimettente riferisce che era stato proposto dinanzi a sé reclamo contro l’ordinanza del giudice monocratico che aveva disatteso un ricorso ex art. 696-bis cod. proc. civ., proposto per la nomina di un consulente tecnico per l’accertamento dei danni conseguenti ad un sinistro stradale, sull’assunto in base al quale la transazione intercorsa con la compagnia assicurativa non avrebbe tenuto conto dei danni neurologici che si erano manifestati in un momento successivo all’accordo. Il giudice adito aveva dichiarato il ricorso inammissibile perché il danneggiato non avrebbe indicato la data di insorgenza della patologia sopravvenuta.

A fronte della proposizione del reclamo di cui all’art. 669-terdecies cod. proc. civ. contro tale provvedimento, la compagnia assicurativa, come riferito dal medesimo Tribunale rimettente, ne aveva eccepito l’inammissibilità, sia per la differente natura dello stesso rispetto ai procedimenti cautelari, sia in quanto, nella fattispecie concreta, la parte istante non aveva neppure allegato la sussistenza di un periculum in mora.

Ciò premesso, il giudice a quo evidenzia in primo luogo che l’art. 696-bis cod. proc. civ., laddove stabilisce che la consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite può essere richiesta «anche» al di fuori delle condizioni di cui al primo comma dell’art. 696 cod. proc. civ., non può essere inteso – come pure sarebbe possibile in forza della formulazione letterale – nel senso che il relativo espletamento è possibile pur in presenza di condizioni di urgenza, in quanto, in tale ipotesi, la parte interessata può ricorrere allo strumento tipico dell’accertamento tecnico preventivo, come peraltro confermato da alcune pronunce della Corte di cassazione (è, in particolare, citata Corte di cassazione, sezione sesta civile, sottosezione terza, ordinanza 28 febbraio 2020, n. 5463).

La stessa ordinanza di rimessione rileva, inoltre, che questa Corte, con la sentenza n. 87 del 2021, ha ritenuto applicabile alla consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite, tra le norme del procedimento cautelare cosiddetto uniforme, il solo art. 669-septies (relativo alla decisione delle spese e al regime del provvedimento di rigetto), stante l’espresso rinvio ai provvedimenti di istruzione preventiva da parte dell’art. 669-quaterdecies cod. proc. civ. Ne deriverebbe, secondo l’impostazione del giudice a quo, che non sarebbero estensibili i principi espressi dalla precedente sentenza n. 144 del 2008, la quale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli artt. 669-quaterdecies e 695 cod. proc. civ., nella parte in cui non prevedono la reclamabilità del provvedimento di rigetto dell’istanza per l’assunzione preventiva dei mezzi di prova di cui agli artt. 692 e 696 dello stesso codice, riconducendo questi ultimi al novero delle misure cautelari fondate sul presupposto del periculum in mora.

Lo stesso Collegio rimettente non trascura di rappresentare, tuttavia, che la Corte di cassazione, con due decisioni del 2019 e del 2022 (in particolare, sezione terza civile, sentenza 26 settembre 2019, n. 23976 e sezione sesta civile, sottosezione terza, ordinanza 29 settembre 2022, n. 28326), ha affermato che, invece, il provvedimento di diniego del ricorso per accertamento tecnico preventivo ai fini della composizione della lite ha natura latamente cautelare ed è per questo suscettibile di reclamo ai sensi dell’art. 669-terdecies cod. proc. civ.

1.2.– Ciò premesso, il Tribunale di Roma sottolinea, in punto di rilevanza, che la proposizione dell’incidente di legittimità costituzionale si rende necessaria allo scopo di decidere sull’eccezione di inammissibilità del reclamo sollevata dalla compagnia assicurativa resistente.

In punto di non manifesta infondatezza, il giudice a quo sottolinea che la più recente interpretazione della giurisprudenza di legittimità, nella misura in cui consente la reclamabilità delle decisioni di diniego rispetto all’espletamento della consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite, non può essere condivisa poiché, in presenza di un periculum in mora, non è possibile proporre ricorso ex art. 696-bis cod. proc. civ., essendo possibile richiedere un accertamento tecnico preventivo.

Per altro verso, lo stesso giudice rimettente rileva che, tuttavia, la conseguente inammissibilità del rimedio cautelare che dovrebbe desumersi da tale presupposto interpretativo determina un problema di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 695 e 669-terdecies cod. proc. civ. rispetto ai parametri tanto dell’art. 3 Cost., atteso che detta esclusione comporta un’irragionevole disparità di trattamento rispetto ai provvedimenti cautelari e all’accertamento tecnico preventivo di cui all’art. 696 cod. proc. civ., quanto dell’art. 24 Cost., stante la funzionalità dell’assoluzione dell’onere della prova all’effettività della tutela giurisdizionale.

2.– In data 28 marzo 2023 si è costituito in giudizio E. D., aderendo alle argomentazioni dell’ordinanza di rimessione in ordine alla non manifesta infondatezza delle questioni sollevate e osservando che la più recente giurisprudenza di legittimità, nell’ammettere il reclamo contro i provvedimenti di diniego a fronte del ricorso di cui all’art. 696-bis cod. proc. civ., avrebbe reso una statuizione consentita, piuttosto, nel nostro ordinamento solo a questa Corte, non risolvendosi in una mera attività interpretativa delle disposizioni normative.

3.– Con atto depositato il 4 aprile 2023 è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, eccependo, innanzi tutto, l’inammissibilità delle questioni per carenza di motivazione sulla possibilità di un’interpretazione costituzionalmente orientata delle norme per come ritraibile da alcune delle pronunce della Corte di cassazione, richiamate dalla medesima ordinanza di rimessione, che hanno ritenuto ammissibile il rimedio del reclamo ex art. 669-terdecies cod. proc. civ. contro il provvedimento con il quale è stato denegato l’accesso alla consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite.

La difesa dello Stato deduce, in secondo luogo, sempre in via pregiudiziale, l’inammissibilità delle questioni sollevate rispetto al parametro di cui all’art. 24 Cost. per carente motivazione, non essendo evidenziata nell’atto di promovimento alcuna ragione per la quale sussisterebbe una violazione del diritto di agire in giudizio o del diritto di difesa, poiché la domanda potrebbe essere sempre riproposta, in quanto non si tratta di provvedimenti cautelari e, con riferimento ai procedimenti di responsabilità sanitaria, potrebbe essere introdotto in via alternativa un procedimento di mediazione.

Nel merito, l’Avvocatura generale evidenzia la non fondatezza di entrambe le questioni sollevate.

Sotto un primo profilo, la difesa dello Stato rileva che, a differenza di quanto assunto dal giudice a quo, l’art. 696-bis cod. proc. civ. potrebbe essere utilizzato dalla parte anche quando vi è urgenza di assumere la consulenza tecnica poiché, per un verso, sarebbe illogico escludere uno strumento deflattivo e conciliativo ove sussista un periculum in mora e, per un altro, ciò sarebbe coerente con la collocazione sistematica dell’istituto nell’ambito dei provvedimenti di istruzione preventiva.

Per altro verso, la stessa Avvocatura generale dello Stato sottolinea che, anche a voler concordare con l’impostazione del giudice rimettente per la quale la consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite non potrebbe essere annoverata nell’ambito dei provvedimenti cautelari, le questioni sollevate non sarebbero fondate sotto entrambi i parametri.

Segnatamente, in primo luogo, la diversa natura dei provvedimenti giustificherebbe, ex art. 3 Cost., la possibilità di proporre il rimedio del reclamo di cui all’art. 669-terdecies cod. proc. civ. solo per quelli aventi natura cautelare.

Con riferimento all’art. 24 Cost., poi, non si renderebbe necessario per la consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite il rimedio del reclamo cautelare per assicurare il diritto alla prova della parte poiché, non trovando di conseguenza applicazione neppure l’art. 669-septies cod. proc. civ., la domanda potrebbe essere riproposta senza alcuna limitazione.

Considerato in diritto

1.– Con ordinanza in data 14 dicembre 2022, iscritta nel relativo registro al n. 25 dell’anno 2023, il Tribunale di Roma, sezione tredicesima civile, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale degli artt. 669-quaterdecies e 695 cod. proc. civ., in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., nella parte in cui non prevedono la reclamabilità del provvedimento di diniego dell’istanza di nomina del consulente tecnico preventivo ai fini della composizione della lite ai sensi dell’art. 696-bis cod. proc. civ.

Il Tribunale rimettente rileva che l’art. 696-bis cod. proc. civ., laddove stabilisce che la consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite può essere richiesta «anche» al di fuori delle condizioni di cui al primo comma dell’art. 696 cod. proc. civ., non può essere intesa – come pure sarebbe possibile in forza della formulazione letterale – nel senso che il relativo espletamento è possibile pur in presenza di condizioni di urgenza, in quanto in tale ipotesi la parte interessata può ricorrere allo strumento tipico dell’accertamento tecnico preventivo, come peraltro confermato da alcune pronunce della Corte di cassazione.

Né sarebbero estensibili i principi affermati da questa Corte nella sentenza n. 144 del 2008, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli artt. 669-quaterdecies e 695 cod. proc. civ., nella parte in cui non prevedono la reclamabilità del provvedimento di rigetto dell’istanza per l’assunzione preventiva dei mezzi di prova di cui agli artt. 692 e 696 dello stesso codice, riconducendo questi ultimi al novero delle misure cautelari fondate sul presupposto del periculum in mora.

È vero che la Corte di cassazione, con due decisioni del 2019 e del 2022 (in particolare, sentenza n. 23976 del 2019 e ordinanza n. 28326 del 2022), ha affermato che, invece, il provvedimento di diniego del ricorso per la nomina del consulente tecnico preventivo per la composizione della lite è reclamabile ai sensi dell’art. 669-terdecies cod. proc. civ., perché ha natura latamente cautelare e trova per lo stesso applicazione il procedimento contemplato per i provvedimenti di istruzione preventiva, inclusa la previsione di cui al medesimo art. 695 cod. proc. civ., come emendato dalla declaratoria di illegittimità costituzionale in parte qua ad opera della citata sentenza n. 144 del 2008.

Ma – secondo il Tribunale rimettente – non può essere condivisa questa interpretazione della giurisprudenza di legittimità poiché, in presenza di un periculum in mora, non è possibile proporre ricorso ex art. 696-bis cod. proc. civ., essendo consentito richiedere un accertamento tecnico preventivo.

Tuttavia, lo stesso giudice rimettente rileva che la conseguente inammissibilità del rimedio del reclamo cautelare pone un problema di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 695 e 669-terdecies cod. proc. civ. rispetto ai parametri tanto dell’art. 3 Cost., atteso che detta esclusione comporta un’irragionevole disparità di trattamento rispetto ai provvedimenti cautelari e all’accertamento tecnico preventivo di cui all’art. 696 cod. proc. civ., quanto dell’art. 24 Cost., stante la funzionalità all’effettività della tutela giurisdizionale dell’assoluzione dell’onere della prova.

2.– In via preliminare, va rigettata l’eccezione dell’Avvocatura generale di inammissibilità delle questioni per carenza di motivazione sulla possibilità di un’interpretazione costituzionalmente orientata.

È noto che questa Corte, a partire quanto meno dalle sentenze n. 83 e n. 42 del 2017 (e nella stessa ottica già la sentenza n. 221 del 2019), ha rivisto l’orientamento, risalente alla sentenza n. 456 del 1989, secondo cui quando «il dubbio di compatibilità con i principi costituzionali cada su una norma ricavata per interpretazione da un testo di legge è indispensabile che il giudice a quo prospetti […] l’impossibilità di una lettura adeguata ai detti principi». Infatti si è affermato che a fronte «di adeguata motivazione circa l’impedimento ad un’interpretazione costituzionalmente compatibile, dovuto specificamente al “tenore letterale della disposizione” […] “la possibilità di un’ulteriore interpretazione alternativa, che il giudice a quo non ha ritenuto di fare propria, non riveste alcun significativo rilievo ai fini del rispetto delle regole del processo costituzionale, in quanto la verifica dell’esistenza e della legittimità di tale ulteriore interpretazione è questione che attiene al merito della controversia, e non alla sua ammissibilità”» (sentenza n. 42 del 2017).

In seguito è stato più volte ribadito che il «tenore letterale della disposizione» assolve il giudice rimettente dall’onere di sperimentare l’interpretazione conforme (da ultimo, sentenza n. 178 del 2023).

Va quindi ribadito l’orientamento, ormai costante, di questa Corte secondo cui l’onere di interpretazione conforme viene meno, lasciando il passo all’incidente di costituzionalità, allorché il giudice rimettente sostenga, come nel caso di specie, che il tenore letterale della disposizione, in quanto inequivoco, non consente tale interpretazione (ex plurimis, sentenze n. 104 del 2023, n. 18 del 2022, n. 59 e n. 32 del 2021, n. 32 del 2020, n. 221 e n. 141 del 2019, n. 268 e n. 83 del 2017, n. 241 del 2016).

Nella fattispecie in esame si ha che nel procedimento di consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite, di cui all’art. 696-bis cod. proc. civ., il giudice procede a norma del terzo comma dell’art. 696 cod. proc. civ., il quale richiama le forme stabilite nei precedenti artt. 694 e 695. Quest’ultima disposizione stabilisce che il giudice provvede con «ordinanza non impugnabile».

La disposizione oggetto dell’odierno incidente di costituzionalità (l’art. 695 cod. proc. civ., censurato unitamente all’art. 669-quaterdecies cod. proc. civ.) ha quindi un univoco tenore letterale che esclude, in via generale, la impugnabilità e quindi la reclamabilità dei provvedimenti; reclamabilità che ora è, invece, possibile affermare, ma con riferimento al provvedimento di rigetto dell’istanza per l’assunzione preventiva dei mezzi di prova di cui agli artt. 692 e 696 cod. proc. civ., proprio perché la disposizione è stata dichiarata costituzionalmente illegittima in tali termini (sentenza n. 144 del 2008).

Di contro, rimane ancora non reclamabile il provvedimento di rigetto dell’istanza per l’espletamento di una consulenza tecnica preventiva ai sensi dell’art. 696-bis cod. proc. civ.

In presenza di questo dato testuale è certamente plausibile la motivazione del Tribunale rimettente che ha diffusamente argomentato in ordine alla non praticabilità dell’interpretazione conforme, discostandosi da una giurisprudenza di legittimità di segno opposto, la quale però – come si dirà infra, punti da 5 a 7 – non può qualificarsi come “diritto vivente”.

Di qui l’ammissibilità, sotto questo profilo, delle sollevate questioni di legittimità costituzionale.

3.– È parimenti non fondata l’eccezione di inammissibilità sollevata dalla stessa difesa dello Stato rispetto all’evocazione del parametro di cui all’art. 24 Cost., in quanto non sarebbe stata evidenziata, nell’atto di promovimento, alcuna ragione per la quale sussisterebbe una violazione del diritto di agire in giudizio o del diritto di difesa, potendo la domanda essere sempre riproposta, e, con riferimento ai procedimenti di responsabilità sanitaria, potrebbe essere introdotto in via alternativa un procedimento di mediazione.

È vero che nella giurisprudenza di questa Corte è stato più volte ribadito che ai fini dell’ammissibilità delle questioni non è sufficiente la mera indicazione delle norme da raffrontare, dovendo l’ordinanza di rimessione fornire elementi che consentano di valutare come la norma censurata possa incidere sui parametri costituzionali evocati, in quanto devono essere allegati argomenti a sostegno degli effetti pregiudizievoli di tale incidenza (ex plurimis, sentenze n. 194 del 2023, n. 118 del 2022, n. 213 e n. 178 del 2021, n. 126 del 2018 e n. 70 del 2015).

Tuttavia, l’eccezione dell’Avvocatura non pone in discussione tale profilo argomentativo dell’ordinanza di rimessione, bensì evidenzia una questione che attiene, piuttosto, al merito, ossia alla possibilità di ritenere sussistente un vulnus all’art. 24 Cost. a fronte della dedotta facoltà che avrebbe la parte, che si vede negare l’accesso all’istituto di cui all’art. 696-bis cod. proc. civ., di riproporre la relativa istanza.

4.– Passando al merito della questione, è opportuno premettere una sintetica ricostruzione del quadro normativo di riferimento nel quale si collocano le questioni sollevate dal Tribunale di Roma.

Con l’art. 696-bis cod. proc. civ. è stato introdotto nel nostro ordinamento – nell’ambito delle riforme varate in sede di conversione del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35 (Disposizioni urgenti nell’ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale) nella legge 14 maggio 2005, n. 80 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, recante disposizioni urgenti nell’ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale. Deleghe al Governo per la modifica del codice di procedura civile in materia di processo di cassazione e di arbitrato nonché per la riforma organica della disciplina delle procedure concorsuali) – l’istituto della consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite.

Il legislatore ha considerato – nel legittimare la proposizione di un ricorso che consente alla parte interessata, anche in assenza di un periculum in mora, di richiedere la nomina di un consulente tecnico prima ed anzi al fine di prevenire la lite – l’esperienza giuridica di altri ordinamenti europei e, in particolare, di quello tedesco, nel quale il secondo comma del paragrafo 485 del Zivilprozessordnung contempla il procedimento di istruzione probatoria indipendente (selbständiges Beweisverfahren), disposto mediante la nomina di un consulente tecnico in ogni caso in cui ciò corrisponda all’interesse dell’istante, anche se non sussiste un rischio di dispersione del mezzo di prova, se ciò è funzionale ad evitare il processo.

Nel nostro sistema, l’art. 696-bis cod. proc. civ. consente di richiedere al giudice, analogamente, anche in mancanza del presupposto dell’urgenza, – come si desume dalla previsione per la quale si può instare per lo stesso «anche al di fuori delle condizioni di cui al primo comma dell’articolo 696» – l’espletamento di una consulenza tecnica ante causam «ai fini dell’accertamento e della relativa determinazione dei crediti derivanti dalla mancata o inesatta esecuzione di obbligazioni contrattuali o da fatto illecito».

La norma, inoltre, assegna al consulente il compito di tentare, prima del deposito della propria relazione, di conciliare le parti e precisa che, ove queste pervengano a una soluzione transattiva, l’accordo è trasfuso e formalizzato in un verbale (esente da imposta di registro) al quale il giudice, con proprio decreto, attribuisce efficacia di titolo esecutivo.

Qualora, invece, la conciliazione non riesca, ciascuna parte potrà chiedere che l’elaborato peritale sia acquisito agli atti del successivo giudizio di merito, previo vaglio di ammissibilità e rilevanza.

Con la consulenza tecnica conciliativa il legislatore ha in sostanza offerto alle parti la possibilità di ottenere, in via preventiva rispetto all’instaurazione del processo, una valutazione tecnica in ordine all’esistenza del fatto e all’entità del danno, nell’auspicio che, proprio sulla scorta di tale valutazione, le parti possano trovare un accordo – al quale il giudice attribuisce con decreto efficacia di titolo esecutivo – che renda superflua l’instaurazione del giudizio contenzioso.

Nella delineata prospettiva, questa Corte ha osservato che il previo svolgimento dinanzi all’autorità giudiziaria del procedimento di cui all’art. 696-bis cod. proc. civ. è finalizzato non solo alla definizione in via conciliativa della controversia, ma anche ad anticipare un segmento istruttorio fondamentale per la risoluzione di alcune cause caratterizzate – come quelle in tema di responsabilità sanitaria – da questioni soprattutto tecniche» (sentenza n. 87 del 2021).

Sul piano processuale, va considerato che il legislatore ha scelto di collocare l’art. 696-bis cod. proc. civ. nella stessa Sezione IV del codice di procedura civile relativa ai «Procedimenti di istruzione preventiva» nell’ambito dei «Procedimenti cautelari» di cui al Capo III del Titolo I del Libro IV del codice di rito, e ha stabilito, così mostrando l’intento di assoggettarlo alla medesima disciplina, che il procedimento applicabile, pur con riserva di concreta compatibilità, è quello previsto dal terzo comma dell’art. 696 cod. proc. civ. per l’accertamento tecnico preventivo.

A sua volta questa disposizione rinvia, a tal fine, all’art. 695 cod. proc. civ., norma che, come già evidenziato, stabilisce che la decisione sul ricorso è assunta con ordinanza non impugnabile.

Si è altresì già ricordato che l’art. 695 cod. proc. civ. è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo, unitamente all’art. 669-quaterdecies cod. proc. civ., nella parte in cui non contempla la reclamabilità del provvedimento di rigetto dell’istanza per l’assunzione preventiva dei mezzi di prova di cui agli artt. 692 e 696 del medesimo codice (sentenza n. 144 del 2008).

5.– Occorre, inoltre, considerare che la Corte di cassazione, nel decidere su alcuni ricorsi, proposti ai sensi dell’art. 111, settimo comma, Cost. contro provvedimenti di diniego dell’istanza di nomina di un consulente tecnico preventivo ai fini della composizione della lite ex art. 696-bis cod. proc. civ., li ha ritenuti inammissibili essendo i provvedimenti impugnati privi del requisito della definitività. Ha, inoltre, ritenuto che, nella specie, avrebbe potuto essere proposto, invece, il rimedio del reclamo, stante l’analoga natura cautelare (almeno in senso lato) di detti provvedimenti, come ritraibile anche dalla collocazione sistematica e dall’applicabilità, quanto al procedimento, delle disposizioni sull’accertamento tecnico preventivo e, di qui, dell’art. 695 cod. proc. civ., che, come evidenziato, è stato dichiarato illegittimo laddove non contemplava il reclamo cautelare contro i provvedimenti di rigetto delle istanze volte all’assunzione della prova testimoniale e dell’accertamento tecnico preventivo (Cass. n. 23976 del 2019; Corte di cassazione, sezione terza civile, ordinanza 21 novembre 2022, n. 34202).

Tuttavia, non può riconoscersi, in questa giurisprudenza, una situazione di diritto vivente, pur se essa perviene ad una soluzione interpretativa che è in sintonia con quello che sarà l’esito del presente scrutinio di costituzionalità, in quanto, nella sostanza, lo anticipa.

6.– In riferimento a tali pronunce occorre innanzi tutto ribadire che ricade nel sindacato di questa Corte accertare la compatibilità costituzionale della norma in forza del significato ad essa attribuito da una giurisprudenza consolidata della Corte di cassazione. Si è affermato che «la Corte deve prendere le mosse dagli orientamenti della Corte di Cassazione», alla quale «compete la nomofilachia», e sulla base di questi operare il controllo di costituzionalità «poiché il diritto “vivente” non è sempre conforme ai dettami della Carta Costituzionale» (sentenza n. 167 del 1984). «In presenza di tale “diritto vivente”, questa Corte non ha la possibilità di proporre differenti soluzioni interpretative (v. sentenza n. 299 del 2005), ma deve limitarsi a stabilire se lo stesso sia o meno conforme ai principi costituzionali» (sentenza n. 266 del 2006).

Vi è pertanto che, quando sussiste una situazione di diritto vivente, questa Corte recepisce la norma così interpretata quale oggetto dello scrutinio ad essa riservato (ex plurimis, sentenze n. 243, n. 20 e n. 13 del 2022, n. 33 e n. 1 del 2021).

7.– Sennonché compete a questa Corte verificare se decisioni, pur rese dalla Corte di cassazione, possano o meno ritenersi espressive di quella consolidata interpretazione della legge che rende la norma, che ne è stata ritratta, vero e proprio “diritto vivente” nell’ambito e ai fini del giudizio di legittimità costituzionale, atteso che la “vivenza” della norma costituisce «una vicenda per definizione aperta» (sentenza n. 242 del 2014).

In questa prospettiva, va considerato che un’interpretazione consolidata da parte della Corte di cassazione, rilevante per la formazione del “diritto vivente”, può sussistere in relazione a quella parte della pronuncia nella quale si esprime effettivamente la ratio decidendi rispetto alla questione di diritto rimessa all’attenzione del giudice di legittimità, e non anche ad eventuali obiter dicta, anche se volti, in qualche misura, a rafforzare la motivazione della decisione.

Non può, quindi, ritenersi che le richiamate decisioni della Corte di cassazione, nella parte in cui fanno riferimento alla possibilità di proporre reclamo cautelare contro il provvedimento di diniego del giudice adito con ricorso per la nomina di un consulente tecnico preventivo ai fini della composizione della lite, siano suscettibili di essere considerate in parte qua espressione di “diritto vivente”, in quanto le medesime sono state solo volte a corroborare, con argomento in realtà ad abundantiam, l’orientamento assunto sulla diversa questione rispetto alla quale la Corte di legittimità era effettivamente chiamata a decidere, ossia quella della proponibilità – nella specie esclusa – del ricorso straordinario per cassazione ex art. 111, settimo comma, Cost., nei confronti di tale provvedimento.

Del resto, questa Corte ha puntualizzato, con una recente decisione, che risulta difficilmente ipotizzabile un diritto vivente in relazione ai provvedimenti cautelari, essendo precluso, rispetto ad essi, l’accesso al giudizio di legittimità anche attraverso lo strumento del ricorso straordinario per cassazione (sentenza n. 54 del 2023).

A ciò si aggiunge – come ha sottolineato anche la difesa della parte privata – che la giurisprudenza di merito non ha assunto posizioni univoche in ordine alla reclamabilità del provvedimento di rigetto della richiesta di consulenza tecnica preventiva ex art. 696-bis cod. proc. civ.

L’incertezza è poi aggravata dalla considerazione che né il provvedimento che ammette il reclamo, né quello che, invece, lo ritiene inammissibile sono ricorribili per cassazione e ciò determina – salva l’ipotesi del ricorso per cassazione nell’interesse della legge, proposto dal procuratore generale, eccezionalmente ammissibile anche «quando il provvedimento non è ricorribile in cassazione» (art. 363, primo comma, cod. proc. civ.) – il protrarsi dell’incertezza nel tempo, con disorientamento degli operatori del diritto.

8.– Vi è, dunque, che il provvedimento con il quale il giudice denega, per ragioni di merito o di rito, la nomina del consulente tecnico preventivo ai fini della composizione della lite non è impugnabile, a ciò ostando in modo inequivoco il tenore letterale dell’art. 695 cod. proc. civ.; norma questa che stabilisce che il giudice «provvede con ordinanza non impugnabile» e che, come già rilevato, trova applicazione anche per l’istituto in esame, in quanto richiamata per l’accertamento tecnico preventivo dall’art. 696, terzo comma, cod. proc. civ., e, per il tramite di questo, anche dall’art. 696-bis cod. proc. civ.

Né a una diversa conclusione si può pervenire in forza della declaratoria di illegittimità costituzionale della predetta norma, unitamente all’art. 669-quaterdecies cod. proc. civ., nella parte in cui non prevede il rimedio del reclamo cautelare, poiché la portata dell’addizione è stata limitata dalla sentenza n. 144 del 2008 ai ricorsi proposti ai sensi degli artt. 692 e 696 cod. proc. civ., che riguardano, rispettivamente, l’assunzione preventiva di testimoni e l’accertamento tecnico preventivo, e ciò sebbene l’istituto della consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite all’epoca fosse stato già introdotto nel nostro ordinamento dalla richiamata legge n. 80 del 2005.

9.– Ciò posto, le questioni sollevate dal Tribunale di Roma sono fondate in riferimento ad entrambi i parametri costituzionali evocati.

10.– Il diritto di agire in giudizio è sancito dall’art. 24 Cost. come diritto inviolabile e quindi fondamentale.

Contro le sentenze – ossia i provvedimenti a carattere decisorio e definitivo – è generalizzato, in quanto «sempre ammesso», il ricorso per cassazione per violazione di legge (art. 111, settimo comma, Cost.), salva la limitazione ai soli motivi inerenti alla giurisdizione quanto alle decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti.

La nozione di sentenza, proprio ai fini della delimitazione dell’ambito applicativo della predetta garanzia, è da lungo tempo intesa nel diritto vivente (fin da Corte di cassazione, sezioni unite civili, sentenza 30 luglio 1953, n. 2593), in senso sostanziale, ossia ricomprendendovi tutti i provvedimenti che, pur non avendo la veste formale della sentenza, sono decisori e definitivi, ossia incidono sui diritti soggettivi coinvolti con quella peculiare efficacia corrispondente al giudicato, pur talvolta allo stato degli atti (Corte di cassazione, sezioni unite civili, sentenza 24 luglio 2023, n. 22048), alla stregua di quanto peraltro ricordato nella recente giurisprudenza di questa stessa Corte (sentenza n. 89 del 2021).

Invece, contro le ordinanze – e tale è quella pronunciata nel giudizio a quo, oggetto del reclamo della cui ammissibilità, o no, si dibatte – può essere previsto un mezzo di impugnazione (il reclamo) non in via generale, stante che esse, peraltro di norma modificabili e revocabili dal giudice che le ha pronunciate, comunque «non possono mai pregiudicare la decisione della causa» (art. 177, primo comma, cod. proc. civ.); decisione che poi chiama in campo la suddetta garanzia del ricorso straordinario di cui al settimo comma dell’art. 111 Cost.

Ma, in attesa della decisione della causa, il riconoscimento della facoltà di impugnazione, mediante reclamo, del provvedimento del giudice, pur non definitivo né decisorio, può talora costituire necessaria implicazione della garanzia costituzionale del diritto di agire in giudizio per la tutela di un diritto o di un interesse legittimo.

Il reclamo è previsto, in via generale, nei procedimenti adottati in camera di consiglio di cui all’art. 739, primo comma, cod. proc. civ.

In questa logica è introdotto, in via generale, il reclamo contro i provvedimenti cautelari di cui all’art. 669-terdecies cod. proc. civ. (all’inizio solo limitatamente ai provvedimenti di accoglimento), che testualmente trova applicazione nei confronti dei provvedimenti cautelari di sequestro, di denuncia di nuova opera e di danno temuto, e nei confronti dei provvedimenti d’urgenza.

Ai sensi di questa medesima disposizione è reclamabile – come espressamente previsto dall’art. 23, lettera e-bis), del già richiamato d.l. n. 35 del 2005, come convertito – anche l’ordinanza che accoglie o respinge la domanda di reintegrazione e di manutenzione nel possesso (art. 703 cod. proc. civ.).

Mette conto notare, sotto tale profilo, che l’estensione dell’area della reclamabilità di provvedimenti non ricorribili per cassazione ha registrato un significativo ampliamento nella recente riforma processuale, di cui al decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149 (Attuazione della legge 26 novembre 2021, n. 206, recante delega al Governo per l’efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata), che all’art. 3, comma 13, lettera d), ha previsto il rimedio del reclamo di cui all’art. 669-terdecies cod. proc. civ. avverso provvedimenti finanche privi di natura cautelare, come le ordinanze anticipatorie di accoglimento e di rigetto della domanda rese nel corso del giudizio ordinario di cognizione pronunciate ai sensi degli artt. 183-bis e 183-ter cod. proc. civ.

Nel complesso, quindi, vi è un’area di tendenziale reclamabilità di provvedimenti che, in quanto non definitivi né decisori, si sottraggono alla ricorribilità per cassazione di cui al settimo comma dell’art. 111 Cost.

11.– Invece, ai procedimenti di istruzione preventiva (articoli da 692 a 699), pur appartenendo essi al genus dei procedimenti cautelari (di cui alla Sezione IV del Capo III del Libro Quarto del codice di rito), non si applicano – per espresso disposto dell’art. 669-quaterdecies cod. proc. civ., prima della già richiamata sentenza n. 144 del 2008 – le disposizioni comuni di cui alla Sezione I (salvo l’art. 669-septies cod. proc. civ.: sentenza n. 87 del 2021) e quindi neppure quella che consente il reclamo avverso i provvedimenti.

Pertanto, non era reclamabile il provvedimento di diniego emesso a seguito di richiesta di assunzione di testimoni (art. 662 cod. proc. civ.) o di accertamento tecnico o di ispezione giudiziale (art. 669 cod. proc. civ.). Si riteneva, da parte del legislatore che ha introdotto il procedimento cautelare uniforme, che siffatto provvedimento non fosse particolarmente pregiudizievole perché, in caso di diniego, la domanda, diretta a soddisfare anticipatamente il diritto alla prova, poteva essere riproposta e comunque, anche in caso di accoglimento, la contestazione della prova avrebbe trovato sicura garanzia nel contraddittorio del giudizio di merito.

12.– Tale apparato di garanzie – costituito dal complesso delle fattispecie di reclamabilità (ad altro giudice di merito) di provvedimenti non ricorribili (in cassazione) – è risultato non di meno affetto da lacune comportanti una lesione del diritto alla tutela giurisdizionale.

Questa Corte, con sentenza n. 253 del 1994 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 669-terdecies cod. proc. civ., nella parte in cui non ammetteva il reclamo anche avverso l’ordinanza con cui fosse stata rigettata la domanda di provvedimento cautelare.

Più recentemente, proprio con riferimento ai procedimenti di istruzione preventiva, questa Corte, con la già richiamata sentenza n. 144 del 2008, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli artt. 669-quaterdecies e 695 cod. proc. civ., nella parte in cui non prevedono la reclamabilità del provvedimento di rigetto dell’istanza per l’assunzione preventiva dei mezzi di prova di cui agli artt. 692 e 696 cod. proc. civ., ossia rispettivamente l’audizione di testimoni, l’accertamento tecnico e l’ispezione giudiziale, mirati tutti ad assicurare elementi di prova ante causam in riferimento ad una lite che può insorgere. Ed ha osservato, in particolare, che tale normativa «fa parte della tutela cautelare, della quale condivide la ratio ispiratrice che è quella di evitare che la durata del processo si risolva in un pregiudizio della parte che dovrebbe veder riconosciute le proprie ragioni».

La matrice comune dei procedimenti cautelari è al fondo anche della dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art. 669-quaterdecies cod. proc. civ., nella parte in cui, escludendo l’applicazione dell’art. 669-quinquies cod. proc. civ. ai provvedimenti di accertamento tecnico e ispezione giudiziale, impedisce, in caso di clausola compromissoria, di compromesso o di pendenza di giudizio arbitrale, la proposizione della domanda di accertamento tecnico preventivo al giudice che sarebbe competente a conoscere del merito (sentenza n. 26 del 2010).

13.– I procedimenti di istruzione preventiva sono stati arricchiti, come già sopra ricordato, di una nuova fattispecie – la consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite – anch’essa collocata nel Capo III dei procedimenti cautelari.

Rispetto agli altri procedimenti di istruzione preventiva vi è che, nel procedimento di cui all’art. 696-bis cod. proc. civ., non necessariamente devono sussistere ragioni d’urgenza. Ma ciò che maggiormente rileva è che tale procedimento è connotato dal perseguimento di una ancora più mirata esigenza qualificata dall’essere il procedimento finalizzato alla composizione della lite. Il chiaro favor emerge dalla previsione secondo cui il giudice attribuisce con decreto efficacia di titolo esecutivo al processo verbale di conciliazione ai fini dell’espropriazione e dell’esecuzione in forma specifica e per l’iscrizione di ipoteca giudiziale.

Si tratta quindi di un procedimento di istruzione preventiva che risponde anche alle finalità proprie dei rimedi di Alternative dispute resolution (ADR), riconducibili alle procedure di mediazione, di negoziazione assistita, di trasferimento della lite alla sede arbitrale. L’«istituto della conciliazione giudiziale, infatti, offre la possibilità di una risoluzione conveniente e rapida delle controversie nel processo, analoga a quella realizzata in sede extragiudiziaria dalla Alternative Dispute Resolution – ADR» (sentenza n. 110 del 2013).

Questa Corte ha già sottolineato «la consapevolezza, sempre più avvertita, che, a fronte di una crescente domanda di giustizia, anche in ragione del riconoscimento di nuovi diritti, la giurisdizione sia una risorsa non illimitata e che misure di contenimento del contenzioso civile debbano essere messe in opera» (sentenza n. 77 del 2018).

L’istituto in esame ha poi assunto ancor più rilievo quando il legislatore (art. 8, commi 1 e 2, della legge 8 marzo 2017, n. 24, recante «Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie») ha prescritto che colui il quale intenda esercitare un’azione, innanzi al giudice civile, relativa a una controversia di risarcimento del danno derivante da responsabilità sanitaria è tenuto preliminarmente a proporre ricorso proprio ai sensi dell’art. 696-bis cod. proc. civ., quale condizione di procedibilità della domanda di risarcimento.

Il provvedimento del giudice, che rigetta (o dichiara inammissibile) la richiesta di espletamento di una consulenza tecnica ai sensi dell’art. 696-bis cod. proc. civ., priva definitivamente la parte di una importante facoltà processuale diretta alla possibile composizione della lite, arrecando al diritto di agire in giudizio (art. 24, primo comma, Cost.) una compromissione anche maggiore del rigetto di un accertamento tecnico ai sensi dell’art. 696 cod. proc. civ.; provvedimento, quest’ultimo, ormai reclamabile a seguito della richiamata pronuncia di illegittimità costituzionale (sentenza n. 144 del 2008).

14.– La previsione, dunque, della possibilità di proporre una domanda di fronte a un giudice senza poter contestare dinanzi a un giudice diverso le ragioni che hanno condotto a un provvedimento di diniego si pone in contrasto con il diritto di agire e difendersi in giudizio (art. 24, primo e secondo comma, Cost.) e con il canone di ragionevolezza (art. 3, primo comma, Cost.).

Fermo restando che nel nostro ordinamento il doppio grado di giudizio non è costituzionalmente prescritto nel processo civile (ex multis, sentenza n. 58 del 2020), a venire in rilievo è la compatibilità costituzionale della mancata previsione di qualsivoglia strumento di controllo avverso un provvedimento, quale è il diniego di nomina del consulente tecnico a fronte del ricorso di cui all’art. 696-bis cod. proc. civ., avverso il quale non è ammesso il ricorso straordinario per cassazione poiché esso non decide su un diritto soggettivo o su uno status nel senso dinanzi indicato e che, tuttavia, incide sulla tutela dell’interesse giuridico del ricorrente ad accedere alla definizione concordata di una possibile controversia, previa risoluzione, con l’ausilio del consulente nominato dal giudice, delle questioni tecniche in fatto controverse tra le parti (sentenza n. 87 del 2021).

Questo interesse della parte, inoltre, come attestato dalla previsione dell’istituto in esame quale condizione di procedibilità della domanda giudiziale nelle controversie in tema di responsabilità sanitaria (sentenza n. 87 del 2021), è coerente con quello generale dell’ordinamento, rilevante anche sul piano costituzionale, alla ragionevole durata dei processi (ex aliis, sentenza n. 173 del 2022), risultato al quale si può pervenire soprattutto mediante una riduzione del numero delle cause demandate alla decisione degli uffici giudiziari.

Proprio alla luce di tale dato, del resto, la recente riforma realizzata dal d.lgs. n. 149 del 2022 ha ampliato e reso più vantaggioso, anche prevedendo risparmi di imposta, il ricorso a mezzi di risoluzione alternativa delle controversie, come la negoziazione assistita e la mediazione.

Da qui discende, pertanto, che la perdita del diritto della parte ricorrente alla chance di svolgere, mediante la nomina di un consulente ai sensi dell’art. 696-bis cod. proc. civ., un approfondimento tecnico nell’ambito di un procedimento mirato ad evitare l’instaurazione di un lungo e dispendioso giudizio contenzioso, deve essere presidiato da uno strumento di gravame, quale è il reclamo del provvedimento di rigetto.

Vi è quindi che il diritto della parte istante a contestare le statuizioni di provvedimenti di rigetto inidonei alla formazione del giudicato, e che tuttavia determinano a carico della stessa un pregiudizio a diritti – sostanziali o processuali – del medesimo, costituisce una componente essenziale ed insopprimibile del diritto di difesa, in quanto si tratta di misure che non sono sottoposte ad alcuna ulteriore forma di controllo, neppure in sede di legittimità (sentenza n. 89 del 2021).

In simili casi, la compressione della tutela giurisdizionale, in assenza di un reclamo dinanzi ad altro giudice contro un provvedimento di diniego, diventa non tollerabile al punto da trasmodare in violazione dell’art. 24 Cost. (sentenza n. 493 del 2002).

Né ha rilievo la circostanza che il ricorso potrebbe essere riproposto a fronte dell’ordinanza di rigetto, avendo già in più occasioni questa Corte sottolineato che non vi è equivalenza, quanto a qualità della tutela giurisdizionale, tra riproponibilità dell’istanza al medesimo giudice che già l’abbia respinta e reclamabilità davanti ad un altro giudice (sentenze n. 493 del 2002 e n. 253 del 1994).

15.– Va infine considerato che il legislatore ha scelto di collocare l’istituto della consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite, ex art. 696-bis cod. proc. civ., nella Sezione IV, del Capo III, del Titolo I, del Libro IV del codice di procedura civile dedicata ai provvedimenti di istruzione preventiva, precisando che la relativa disciplina processuale è modellata su quella dell’accertamento tecnico preventivo per la quale, a propria volta, l’art. 696, terzo comma, rinvia all’art. 695 cod. proc. civ.

Quest’ultima norma, tuttavia, in combinato disposto con l’art. 669-quaterdecies cod. proc. civ., come più volte evidenziato, è stata da tempo dichiarata costituzionalmente illegittima proprio nella parte in cui non contempla il rimedio del reclamo cautelare contro gli altri provvedimenti di diniego emessi a fronte di un ricorso in tema di istruzione preventiva, ovvero l’assunzione di testimoni e l’accertamento tecnico preventivo (sentenza n. 144 del 2008).

Talché la mancata previsione del medesimo strumento di controllo anche nei confronti della misura con la quale il giudice disattenda il ricorso della parte volto alla nomina di un consulente tecnico ex art. 696-bis cod. proc. civ. si traduce, sul piano dell’art. 3 Cost., in una diseguaglianza nei mezzi di tutela contemplati per provvedimenti che, per scelta ex ante del legislatore, sono tutti ricondotti nel più ampio genere dell’istruzione preventiva.

16.– Tale comparazione orienta la reductio ad legitimitatem delle norme censurate, individuata, nel verso prospettato dal Tribunale rimettente, nella proponibilità del reclamo di cui all’art. 669-terdecies cod. proc. civ. avverso il provvedimento di rigetto.

Questa Corte ha già riconosciuto, evidenziandone il carattere espansivo (sentenza n. 26 del 2010), che le norme sul procedimento cautelare uniforme esprimono principi generali dell’ordinamento, ai quali occorre fare riferimento per colmare le eventuali lacune della disciplina di procedimenti ispirati alla medesima ratio.

In una prospettiva di “equivalenza” delle garanzie – ossia di identità del rimedio impugnatorio a fronte di provvedimenti di analogo contenuto sul piano effettuale – il duttile rimedio del reclamo contemplato dall’art. 669-terdecies cod. proc. civ. si presta ad essere esteso, negli stessi termini, anche a provvedimenti privi di natura d’urgenza, ma altrettanto meritevoli di tutela sotto il profilo tanto sostanziale che processuale.

Va pertanto dichiarata l’illegittimità costituzionale degli artt. 669-quaterdecies e 695 cod. proc. civ., nella parte in cui non consentono di utilizzare lo strumento del reclamo, previsto dall’art. 669-terdecies cod. proc. civ., avverso il provvedimento che rigetta (anche per ragioni di inammissibilità) il ricorso per la nomina del consulente tecnico preventivo ai fini della composizione della lite di cui all’art. 696-bis del medesimo codice.

Per Questi Motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l’illegittimità costituzionale degli artt. 669-quaterdecies e 695 del codice di procedura civile, nella parte in cui non consentono di proporre il reclamo, previsto dall’art. 669-terdecies cod. proc. civ., avverso il provvedimento che rigetta il ricorso per la nomina del consulente tecnico preventivo ai fini della composizione della lite, di cui all’art. 696-bis del medesimo codice.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 ottobre 2023.

F.to:

Augusto Antonio BARBERA, Presidente

Giovanni AMOROSO, Redattore

Valeria EMMA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 10 novembre 2023